(Nigrizia settembre 2012 - qui il pdf)
Testo, foto e cartografia di Fabio Artoni
Il villaggio di Geblen è in Agame, nel nord est del Tigray, vicino al confine con l’Eritrea. Poche case che si affacciano su una strada di polvere e sassi. Ci si arriva da Adigrat via Edaga Hamus. Guardando verso oriente ci sono montagne superbe. Cambiano di umore da mattina a sera: misteriose all’alba, di un biancore minaccioso a mezzogiorno, malinconiche al tramonto. Lo studioso d'Etiopia Paul Henze battezzo questa zona “piccolo Tibet”. Oltre quelle montagne comincia la grande depressione della Dancalia, che continua fino al mar rosso. Due cartelloni all’ingresso del paese ricordano che i terapeuti delle organizzazioni internazionali sperimentano da anni da queste parti un accanimento dello sviluppo dagli esiti incerti. Progetti per il recupero dell’acqua piovana, una cintura di sicurezza in caso di collasso alimentare, i villaggi del millennio. Piove molto pochi giorni all’anno e l’acqua si porta via il terreno buono. Taxi collettivi e autobus sono rari ma un paio di chilometri dopo Geblen e dove la strada finisce sta partendo un Isuzu. L’autista dorme abbracciando il volante. Tutto attorno muli, uomini e casse di banane, di papaie e pomodori. Frutta e ortaggi che arrivano dal villaggio di Gunda Gunde. Da questo spiazzo in cima a un’amba ancora non si vede ma è proprio là dove sale una gentile nebbiolina azzurra. Più o meno millecinquecento metri più in basso, in una gola dove scorre a intermittenza un torrente. Ci sono anche aranci e limoni laggiù, ma adesso ci sono solo le promesse dei fiori.
La gente dice che la frutta di Gunda Gunde è la best quality. La portano su dal villaggio corte carovane di muli. Finirà sulle bancarelle del mercato di Adigrat e con essa il nome di Gunda Gunde e dei suoi abitanti. Un tentativo di fuga da un anonimato che è la vita di milioni di contadini e pastori d’Etiopia. Oltre il Tigray il nome di Gunda Gunde dice poco o niente alla gente comune. Eppure, oltre alle arance, là c’è un monastero e una biblioteca di manoscritti dalla storia antica che raccontano del movimento religioso degli stefaniti.
Mappa del Nord Afar
In questa mappa dell'Afar si individuano quattro sezioni verticali, da sinistra verso destra:
.1 il "great western escarpment", la scapata occidentale della Rift Valley, a tremila metri di altezza;
.2 la profonda depressione dell'Afar, collassata fino a sotto il livello del mare, con catene vulcaniche attive e la piana del sale (salt plain) che quando le acque oceaniche sono evaporate ha lasciato uno strato di sale profondo tre chilometri;
.3 le alpi Dancale, che geologicamente fanno parte della placca continentale e sono una vera e propria barriera che impedisce al Mar Rosso di invadere la piana sotto il livello del mare
.4 e infine, più a est, il Mar Rosso.
Gunda Gunde, sulla mappa, è in alto a sinistra, tra altopiano e deserto. Ecco un ingrandimento:
Gunda Gunde è sul fondo di una valle dove scorre un torrente. E' proprio grazie al torrente, per quanto magro nella stagione secca, che in questa zona arida e impervia crescono le arance: le arance di Gunda Gunde.
Per arrivare a Gunda Gunde si parte dall'alto, dall'altopiano, e si scende per millecinquecento metri. Da lì in poi, per arrivare nel deserto dell'Afar, bisogna scendere per altri mille metri seguendo il letto del torrente, tra pareti a picco. Ma quella è zona di confine, "senza legge", un'area contigua a Tigray, Afar ed Eritrea
Gli Irob trasportano in spalla o con carovane di muli i prodotti che arrivano da Gunda Gunde
Le famose chiese rupestri del Tigray sono scavate nella roccia, bisogna fare fatica per raggiungerle; sono là in alto, per provare a essere più vicini al cielo. Invece Maryam Gunda Gunde è in fondo a una gola claustrofobica, pareti a imbuto che danno le vertigini. I fedeli di Estifanos cercavano un posto sicuro per pregare e vivere dei frutti della terra. Qui trovarono un torrente che dava abbastanza acqua per coltivare mais, orzo e frutta. Nel 1444 Estifanos fu arrestato, torturato e poi rilasciato. Forse quello che più di tutto suonò indigesto fu il suo rifiuto di inchinarsi davanti all'Imperatore perché la prostrazione era un gesto dovuto soltanto a Dio. Impero e clero ortodosso d’Etiopia chiusero un occhio ma con l’altro non lo persero di vista. Tre anni dopo Estifanos finì bruciato in pubblico. Anche i monasteri degli stefaniti sperimentarono le fiamme arrabbiate del clero ortodosso prima che il movimento venisse riassorbito dall'ortodossia. Però ai tempi delle scorrerie dei musulmani di Amhed Gragn, nel milleseicento, che distrusse e depredò le chiese del Tigray, il monastero di Gunda Gunde se la cavò senza neppure un graffio delle pietre mattone della sua grande struttura rettangolare.In questa zona di confine tra Tigray e Afar, vive il gruppo etnico degli Irob, che ha per lingua madre una lingua tutta sua, il Saho
La storia difficile del monastero si intreccia con quella più recente. Ai tempi del Derg, Menghistu puntò il mirino sugli Irob di queste terre: i resettlement forzati nascosero sotto una vernice di emergenza alimentare il tentativo di portare via muscoli alla guerriglia tigrina. Ma i monaci vissero indisturbati. Paul Henze arrivò a Gunda Gunde dodici anni fa. Gli raccontarono che il premier Meles Zenawi, tigrino da venti anni al potere, fece nel monastero una riunione del Tplf, l’esercito di liberazione del Tigray. Per arrivare a Gunda Gunde, da Geblen, servono diverse ore di cammino. Per andare i miei garretti consumati ne hanno contate sei. Per tornare più di dieci. Ma è tutto molto relativo. La gente di queste parti dice che ci vogliono tre ore ad andare e quattro a tornare. Ma i bambini salivano glissando di sasso in sasso con voci da ottavino. Gente ben allenata può competere con gli Irob. Il rischio è che a fine viaggio di questa terra non rimanga che un record sul contapassi. Dandosi tempo ci si accorge delle tecniche per conservare il terreno arabile e per prenderne dalle montagne. È un vademecum di agronomia in ambiente estremo: terrazzamenti con base di pietre, barriere di cactus per impedire il pascolo, piccole dighe a cascata e sistemi di canalizzazione per quando c’è l’acqua. Come per i manoscritti, anche la vita di questi contadini merita il microscopio. Per capire come arrivare al prossimo raccolto e farcela ancora una volta. Fine febbraio è ancora tempo di abbondanza. Una casa rettangolare di pietra di un’unica grande stanza. Fuoco e fumo negli occhi e la farina d’orzo che prima si scioglie e poi si prende tutta l’acqua della pentola. Con i mesi che passano si comincia a sottrarre e aggiungere qualcosa di più povero. Al raccolto si arriva affilati come i corridori del tour de france all’ultima cronometro.Paul Henze chiamò questa zona, con montagne aspre, bianche e a profondamente erose, "Piccolo Tibet"
Più si scende verso Gunda Gunde e più la montagna è ripida e nuda. A valle si vedono i primi triangoli di terreno coltivato: mais, orzo, gli alberi da frutta, cipolle e pomodori. Quando la strada spiana si entra nel villaggio. La scuoletta in sassi sembra un rifugio alpino. Il cielo è ancora azzurro ma le case di pietra addossate alle pareti sono già in ombra. Vorrei pensare ai pascoli del cielo ma mi viene in mente buco nel muro, il rifugio di Butch Cassidy e di Sundance Kid.Di ritorno da Gunda Gunde, nel villaggio di Geblen, nell'unica caffetteria